Cerca
Close this search box.

Raccontami una fiaba… Ricordi del Mago di Oz: 7° puntata a cura di Paola Mazzarino

Raccontami una fiaba…

Ricordi del Mago di Oz: 7° puntata a cura di Paola Mazzarino

L’incontro con il grande Oz…

… Entrare nella città di Smeraldo li lasciò senza fiato, erano circondati da così tanta bellezza che non riuscivano a parlare. Grandi edifici verdi tutti di marmo, incastonati di luccicanti smeraldi, si affacciavano su graziosi cortili e viuzze lastricate anch’esse di lisci pavimenti marmorei. Chiese e campanili di malachite impreziositi di lapislazzuli, con suggestive vetrate decorate con intrecci di foglie d’acanto dalle mille sfumature di verde. Ogni passo era uno stupore inimmaginabile. La gente era vestita unicamente di verde, da eleganti broccati a semplici cotonine; anche i capelli, gli occhi e persino la pelle erano verdi. Osservavano Dorothy e la sua strana combriccola passare per le vie, con una certa curiosità; erano veramente così diversi e per niente verdi! Anche i negozi e la merce che vendevano era verde e a guardar bene persino il cielo, le nuvole, i raggi del sole. Arrivarono in un’ampia piazza con dei colonnati che formavano un porticato, sotto il quale esponevano in fila, delle bancarelle piene di ogni curiosità: vestiti, stoffe, merletti, scatoline, bauli, vecchi orologi, campane, ciotole, quadri, prodotti tipici, finissima bigiotteria e chincaglierie di ogni tipo, tutto rigorosamente verde, persino le monetine per pagare. In mezzo alla piazza c’era una fontana con tre statuine verdi poste a semicerchio che elargivano zampillante acqua smeraldina dalle loro labbra. Una serie di panchine circondavano la fontana, dove spesso le donne si attardavano con i loro figlioletti a spettegolare fra di loro. Era una gioia godere di tali immagini, ma questo era niente. Imboccarono una via laterale con dei lampioncini in ferro battuto, in fondo alla quale s’intravedeva finalmente il grande palazzo di Oz. Il gruppo si fermò un attimo ad ammirare questa visione con un’emozione senza precedenti. Tutti i pericoli che avevano affrontato per arrivare fin lì, se non altro ne era valsa la pena, solo per questi scenari. Una sensazione di maestosità s’impadronì di loro nel percorrere quest’ultimo tratto di via che li separava dalla grande reggia. Arrivarono davanti all’entrata dove una fila di guardie verdi, sull’attenti, con le loro lance di traverso ne impedivano l’accesso. Lunghi colonnati di marmo verde con capitelli dorati sostenevano ampie volte incastonate che culminavano in cupole di vetro intarsiato. Il guardiano della soglia li ordinò di farli passare e le sentinelle, con lo sguardo verso il vuoto, con un gesto quasi da automa e con un perfetto sincronismo misero le lance dritte per consentire il passaggio. Il boscaiolo si voltò per capire se erano umani o se anche loro fossero stati forgiati con qualche metallo. Proseguirono lungo un susseguirsi di giardini e chiostri, con siepi di ogni forma e graziose fontane fresche e zampillanti. Infine ancora un portone con un piccolo ponticello levatoio. Ancora un’altra sentinella, che finalmente li introdusse in un atrio fresco, silenzioso, in penombra. Il guardiano e la sentinella parlarono tra loro per un po’, Dorothy era un po’ preoccupata, chissà se stava raccontando tutto per bene; e se avesse riportato le cose con superficialità e quindi Oz non avesse ritenuto necessario riceverli? Poi la sentinella sparì in un’altra stanza e loro rimasero lì ad aspettare per un tempo che parve infinito e che dissipò tutta l’esaltazione precedente. Dopo quasi un’ora ricomparve e li fece cenno di seguirlo, a quel punto il guardiano si accommiatò con un inchino. Entrarono in un’altra stanza con un tappeto verde nel centro, dove era posta una singolare fontana che infondeva nell’ambiente tre getti di vapore verde, profumato; sul perimetro, a ridosso delle pareti, una fila di cassepanche a semicerchio. Venne loro incontro, con eleganti movenze, un’ancella con un lungo vestito di seta verde e una fluente chioma intrecciata e poi raccolta con un nastro di raso. – “Il grande Oz vi riceverà uno per volta e non più di uno al giorno. Quindi ora vi accompagneremo nelle vostre stanze e vi chiameremo quando sarà il momento”. Dorothy, con Toto in braccio, seguì la ragazza per sette corridoi e per tre rampe di scale. Con una pesante chiave di peltro aprì il chiavistello della porta della sua stanza. La ragazza era molto gentile, le mostrò il letto a baldacchino, con accanto una cesta con dentro dei simpatici cuscinoni per Toto, poi un armadio con graziosi vestiti verdi della sua taglia, un tavolo pieno di cose da mangiare e persino degli scaffali con dei libri. Il bagno era color muschio, con al centro una piccola fontana che sbruffava vapore profumato, simile a quella che avevano visto nella stanza del tappeto, ed una toilettina con lo specchio, con sopra sali da bagno, profumi, saponi e cremine varie. La ragazza se ne andò con un inchino, lasciando Dorothy un po’ frastornata, con lo stupore di chi non è abituato a tanto lusso. Faceva fatica a sentirsi a suo agio in un ambiente sì confortevole, ma così diverso… per fortuna c’era Toto con lei, che le ridava una dimensione familiare. Questa separazione dai suoi amici le dava un po’ una sensazione di vuoto; erano sempre stati insieme in quei giorni, era la prima volta che si separavano… una volta tornata nel Kansas come avrebbe fatto senza di loro? Si affacciò al balconcino della sua stanza, il paesaggio era lussureggiante, ma allo stesso tempo un po’ malinconico, come il suo umore d’altronde. Prima di andare a coricarsi respirò profondamente la fresca aria del tramonto e pensò che si stava affezionando ai suoi amici. Anche loro vennero accompagnati uno per volta nelle loro rispettive stanze. Lo spaventapasseri rimase in piedi tutta la notte, non poteva chiudere i suoi finti occhi dipinti e quindi ritenne che non gli valesse la pena stendersi sul letto, non poteva ragionare sul fatto che comunque poteva cogliere quest’occasione. Il boscaiolo invece, essendo stato umano in passato, si stese sul letto e guardò il soffitto tutta la notte, la mancanza del cuore gli dava l’idea che l’accesso al mondo dei sogni gli fosse precluso. Il leone si spaparanzò sul lettone e in tre minuti già ronfava.
La mattina Dorothy fu svegliata dalla fanciulla della sera prima che l’aiutò a vestirsi con un bell’abito verde che era nell’armadio e ad intrecciare la sua folta chioma con nastri di seta impreziositi con brillantini color smeraldo. Persino Toto indossò un collare di raso, verde naturalmente. Camminarono lungo corridoi con vetrate che davano sui chiostri, fino ad arrivare alla sala imperiale. Al centro della reggia c’era un imponente trono costellato da mille pietre preziose, con schienale e braccioli di velluto bordato da passamaneria ocra. Seduto sul trono, con grande stupore di Dorothy, c’era un’enorme testa senza né braccia né gambe, né tronco; una specie di mostro, che cominciò a parlare prima che Dorothy si riprendesse dallo stupore – “io sono Oz, il terribile! Cosa vuoi da me?” disse una voce che non era così grossa come ci si poteva immaginare dalla grandezza della testa. Dorothy gli spiegò tutta la storia con una certa enfasi e gli fece la sua richiesta. – “perché mai dovrei fare tutto questo per te?” – “perché tu sei un grande mago ed io sono piccola e indifesa” disse la bambina facendosi più piccola di quello che era, nella speranza d’intenerirlo. Oz rimase per un attimo, che parve lunghissimo, ad osservare le scarpe argentate che Dorothy aveva ai piedi e un segno sulla fronte che le aveva lasciato il bacio di benedizione della Fata del nord prima che partisse per l’impresa. Poi proferì – “non mi sembra che tu sia così indifesa, dato che hai ucciso la cattiva strega dell’est” – “ma quello è stato un incidente, non sono stata io ad ucciderla, è stato il caso che ha fatto cadere la mia casa sulla sua testa. Io non ne sarei capace!” disse piagnucolando. – “silenzio! Non m’interessa, il caso non esiste. Io non faccio niente se tu prima in cambio non uccidi la malvagia strega dell’ovest. Solo allora ti aiuterò a tornare nel Kansas”. Dorothy tornò in lacrime dai suoi amici, che l’aspettavano trepidanti nella sala con il tappeto verde. – “Certo” disse lo spaventapasseri – “se Oz ha le sembianze di una grossa testa, mi darà facilmente un po’ di cervello, non credete?”. Ma il mattino dopo, quando fu il suo turno, seduta sul trono trovò una bellissima damigella che lo guardava con dolcezza. Ma a dispetto delle apparenze si ripeté la stessa scena – “…se non uccidi la strega dell’ovest, non avrai il tuo cervello”. Anche lui tornò triste dai suoi amici. Il boscaiolo disse – “ma se è una damigella, a me il cuore me lo darà, perché io so come fare intenerire le ragazze”. Ma quando il mattino dopo vennero a prenderlo per andare al cospetto di Oz, si trovò davanti una bestia mostruosa e gigantesca, con cinque occhi, cinque braccia, cinque gambe e il muso di un rinoceronte. Inutile dirlo, la stessa risposta – “io non faccio favori a nessuno se in cambio non uccidete la strega…”. Il boscaiolo in questo caso si consolò di non avere ancora un cuore, perché gli sarebbe scoppiato per la paura. Dopo aver fatto il suo resoconto agli amici, prese la parola il leone e disse – “ma se è una bestia feroce, io lo sono più di lui e lo costringerò a darmi il coraggio con un mio ruggito, così poi potrò far fuori questa strega!” lo spaventapasseri rimase un po’ perplesso a riflettere su quel discorso, pieno di contraddizioni: come mai il leone voleva il coraggio se già era coraggioso? Il boscaiolo invece rimase commosso da tanto ardore, e Dorothy era sempre più in crisi, perché voleva tornare dagli zii, ma nello stesso tempo voleva rimanere con i suoi nuovi amici. Tanti sentimenti contrapposti si agitavano dentro di lei. Il mattino dopo fu il turno del leone; s’incamminò baldanzoso lungo i corridoi pronto ad affrontare la bestia, ma sorpresa, si trovò davanti una palla di fuoco incandescente, alla quale non poteva neanche avvicinarsi. Rimase spiaccicato sulla porta a sentire le stesse cose che Oz aveva detto a gli altri e si ritirò in gran fretta, dato che già i suoi baffi si stavano bruciacchiando. Tornò con la coda fra le zampe. – “non c’è altro da fare, dobbiamo affrontare la strega dell’ovest, non abbiamo scelta” disse ai suoi compagni con aria rassegnata – “anche se non ho il coraggio”. – “Ed io non ho la testa per farlo” disse lo spaventapasseri, – “ed io non ho il cuore di uccidere” disse il boscaiolo, – “così non rivedrò mai più i miei zii” disse Dorothy singhiozzando. La fanciulla verde le diede una carezza e con dolcezza le disse – “non piangere, rovinerai la seta del vestito con le tue lacrime, tu hai le scarpette d’argento che hanno dei poteri misteriosi. Dovete provarci!” ci fu un attimo di silenzio – “va bene, si potrebbe partire domani mattina” disse Dorothy a questo punto, asciugandosi le lacrime. Furono tutti d’accordo e decisero di prepararsi al meglio per affrontare quella che sembrava essere l’impresa più difficile, già solo per il fatto di esserne consapevoli. Il boscaiolo affilò l’ascia e oliò le sue giunture, lo spaventapasseri s’imbottì di paglia fresca e si fece ridipingere gli occhi da Dorothy per vederci meglio, la ragazza verde riempì il cestino di Dorothy di tanti viveri e mise un campanellino verde al collare di Toto per ritrovarlo con più facilità nel caso si fosse smarrito. Si coricarono nei loro letti per partire riposati, anche se i timori non li fecero dormire sereni.
Fu il canto del gallo, nel cortile sul retro, a svegliarli. Un nuovo giorno li andava incontro e loro dovevano andare incontro ad esso. Il profumo del mattino era irresistibile e un’altra avventura li aspettava…
Paola Mazzarino, consulente in Astrologia e Tarologia psicologica evolutiva

Condividi l'articolo