Cerca
Close this search box.

Oppressi e oppressori nella società moderna: cosa può ancora insegnarci Verga

L’assenza di mediazioni ideologiche precostituite e l’assunzione rigorosa ed estrema di un metodo di scrittura (il “verismo”) consentono a Verga un atteggiamento radicale che lo induce a una libertà rappresentativa che sfugge ai parametri comuni della sua epoca, della Destra o della Sinistra di quegli anni, dei liberali o dei democratici o, tanto meno, del nascente socialismo.

Nella sua opera Verga mostra l’arcaico e il primitivo, ne subisce, e ce ne suggerisce, il fascino e l’orrore (si pensi alla lettura di Libertà proposta da Rappazzo), ma ci mostra anche il moderno che incalza, il suo mito incantatore, le sue vittime e il suo rovescio disumano e alienante. I suoi vinti sono sempre dei marginali, esuli dalla propria classe sociale: Rosso Malpelo è un “diverso” perché ha i capelli rossi, ‘Ntoni perché tradisce le leggi della famiglia e del paese senza riuscire a radicarsi in nessun altro contesto geografico o sociale, Gesualdo perché non è né «mastro» né «don» e risulta un estraneo sia al mondo dei piccoli artigiani e contadini da cui proviene, sia alla borghesia in ascesa, sia alla nobiltà di cui cerca invano col matrimonio di entrare a far parte.

All’interno di questa riflessione, Romano Luperini, uno dei più grandi scrittori e critici letterari italiani, ragiona sulla visione del mondo e della società che Verga descrive nelle sue opere, con particolare attenzione alla lotta alla disuguaglianza sociale, quella tra oppressi e oppressori, per molti il punto centrale della sua narrazione.

Secondo Luperini, però, il punto di vista di Verga non è mai assoluto: attraverso la lezione dei realisti e dei naturalisti francesi (come Stendhal, Flaubert, Zola, …) Verga è come alla ricerca di un “terzo spazio”, ossia un punto di vista che possa in qualche modo essere perfettamente al centro tra le due fazioni.

Partendo dalla riflessione di Luperini sul mondo verghiano, l’obiettivo di questo articolo è quello di ragionare, in un’ottica di autoconsapevolezza, sulla nostra società e di chiedersi chi sono oggi gli esclusi e gli emarginati. Quale può essere oggi “il terzo spazio” in cui questi moderni vinti possono esprimersi?

L’esclusione sociale descrive una situazione nella quale non tutti hanno un accesso equo alle opportunità e ai servizi che permettono loro di vivere una vita dignitosa e felice. Sono tutti coloro “esclusi” e “emarginati” dalla possibilità di avere un ruolo attivo nella società: di poterla cambiare, di potersi esprimere e di potersi affermare.

Probabilmente, quando alla scuola media (secondaria di primo grado) ci hanno fatto leggere Rosso Malpelo, avremmo pensato ad una storia tanto toccante quanto lontana, ad una storia di tempi ormai andati. Eppure, se rileggessimo oggi questa novella, forse ci sentiremo un po’ più lui: schernito per il suo colore di capelli a causa della superstizione e dell’ignoranza.

Quali sono i nostri diritti negati? Quale può essere, quindi, il nostro “terzo spazio”?

Condividi l'articolo