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Lutto e Trapasso, la Consapevolezza del passaggio all’Universo delle infinite possibilità

Nell’affrontare la perdita dei propri cari o la nostra propria fine bisognerebbe pensare come essa altro non sia se non un trapasso, ossia un passare altrove. Un altrove che non conosciamo ma non per questo meno reale ed importante del mondo materiale, non vediamo l’anima delle persone ma chi metterebbe in dubbio che ognuno ne abbia una? Per secoli le varie religioni e filosofie si sono impegnate a spiegare il passaggio dalla vita terrena all’aldilà, ad un mondo migliore, l’accesso ad un paradiso. Nella nostra società però ci siamo allontanati da questa concezione, venendo sempre più illusi da un’eterna giovinezza che ci fa sentire quasi immortali, l’approccio con la morte e ciò che ne consegue è diventato pieno di tabù e pregiudizi, viene nascosta, demonizzata, non se ne parla e quando lo si fa è in modo brutale, violento, innaturale. Essa viene rappresentata come un orribile scheletro con una falce in mano, pronta a colpire improvvisamente e ingiustamente. Questo modo di percepire la fine della nostra vita ci viene inculcato fin da bambini, il lutto viene celato con imbarazzo e si affronta in modo drammatico, carico di dolore e disperazione. Nella mia vita il contatto con il mondo invisibile è sempre stato naturale e spontaneo, ecco perché mi piacerebbe aiutare gli altri a comprendere come la morte sia il passaggio in un altrove che abbiamo paura di scoprire. Siamo Esseri in evoluzione, soggetti a continui mutamenti, nasciamo e cresciamo, ma diventare ragazzi non è meno bello che essere bambini. Ogni passaggio e crescita ha il suo fascino, ma non sapere come saremo da adulti e dove saremo non ci impedisce certo di crescere, né di pensare che potremo essere felici. Noi viviamo il qui-ora sempre immaginando un futuro, ma allora perché dovremmo necessariamente pensare che la morte sia una fine, un non essere definitivo e non l’inizio di una nuova fase del nostro percorso? Molti penseranno che questi siano discorsi senza senso, non c’è più un corpo fisico, non siamo più nella materia, se non c’è modo di vedere, sentire e toccare vuol dire che tutto è finito. Ma veramente ciò che non vediamo non esiste? Se viviamo il buio della notte dobbiamo credere che non ci sarà mai più il Sole? La notte è un passaggio necessario affinché possa iniziare un nuovo giorno, un nuovo inizio nella nostra vita. Anche la scienza si interroga in merito e il professor Lanza, direttore scientifico presso l’Advanced Cell Technology, è tra i ricercatori più appassionati. Lanza sostiene la teoria del Biocentrismo secondo la quale la morte come noi la conosciamo non sarebbe altro che un’illusione generata dalla nostra Coscienza. Ci hanno insegnato a vedere la vita come un insieme di cellule e che la nostra coscienza è associata al nostro organismo. Il Biocentrismo si attesta come teoria del Tutto che mette la Vita al centro dell’Universo. La fisica quantistica ha scoperto come l’osservatore sia determinante nella formazione della realtà. A partire da ciò Lanza afferma che noi percepiamo la realtà in base a ciò che ci è stato insegnato, io percepisco il cielo come blu perché mi è stato insegnato che quel colore è blu, ma se ad un’altra persona dicessimo che quel colore si chiama “verde” per lui il cielo sarebbe “verde”. Tutto ciò che percepiamo nel mondo non può esistere senza la nostra coscienza, che è quindi alla base della nostra realtà, un prodotto della nostra mente in interconnessione con la mente degli altri, da ciò consegue come anche lo spazio e il tempo non sono che un prodotto della nostra mente. Questo significa che anche l’idea di mortalità è un fenomeno legato all’esperienza sensoriale della nostra coscienza. Secondo Lanza la Vita è un’avventura che trascende il nostro modo ordinario di pensare. Con la morte del nostro corpo la Coscienza entra in una condizione dove non esistono confini spazio-temporali, non entriamo nel caotico mondo del non-essere, ma torniamo alla matrice fondamentale dell’universo, il luogo delle infinite possibilità: l’eternità. Il trapasso non è che un ponte che unisce due sponde e il non sapere cosa ci sarà dall’altra parte dovrebbe creare aspettativa e non deludere. Noi siamo destinati a incontrare la morte, quella degli altri nel corso della nostra vita e la nostra alla fine di questo percorso terreno e imparare a vederla come una porta che consente il passaggio in un’altra dimensione non è folle, ma una conclusione così ovvia da sembrare banale. Nella vita molte cose ci colgono di sorpresa, cose inaspettate e bellissime, perché dovremmo escludere che anche la morte lo faccia. Portare con dolcezza le persone ad acquisire questa Consapevolezza non li aiuterà soltanto ad accettare l’impermanenza e la perdita ma li aiuterà a vivere pienamente la Vita. Raffaella Menichetti

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