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Rudolf Steiner e la pedagogia – le scuole Waldorf

Di Federico Mazzotta
Rudolf Steiner è sicuramente una delle personalità più importanti per lo sviluppo del pensiero olistico occidentale. Nacque nel 1861 a Kraljevic (odierna Croazia), una piccola cittadina allora annessa all’Impero austro-ungarico e morì nel 1925 in Svizzera, dove operò nell’ultima parte della sua vita. È stato un grande pensatore che ha toccato molti temi, quali: la sociologia, la pedagogia e la scienze dell’educazione, l’antropologia, la psicologia, l’economia, la musicologia, le scienze naturali e, addirittura, la viticoltura (attraverso l’agricoltura biodinamica). Ma viene ricordato soprattutto per aver fondato l’antroposofia, una dottrina derivante dalla teosofia che vede la realtà fisica e la dimensione spirituale come un’unità e non più separate (risolvendo in qualche modo il dualismo mente-corpo cartesiano).
Oggi, ci focalizzeremo su uno degli aspetti della sua dottrina, la pedagogia che, nonostante il suo pensiero pedagogico sia stato sviluppato agli inizio del XX secolo, tutt’oggi esistono in tutto il mondo scuole che seguono quest’indirizzo: attualmente esistono 1.270 scuole in 80 diversi Paesi e oltre 1.928 giardini d’infanzia. I giardini di infanzia, che richiamano in maniera evidente quelli di Fröbel, consistono nelle “scuole dell’infanzia” ideate da Steiner che, come è facilmente prevedibile dal nome stesso, pongono centralità al crescere nella natura.
Parliamo così nello specifico di “scuole steineriane” perché il suo pensiero pedagogico non fu solo teorico ma portò, così come le scuole nuove dell’attivismo pedagogico (ad esempio possiamo citare le esperienze di Dewey o della Montessori), alla creazione di vere e proprie scuole. La prima scuola viene fondata nel 1919 a Stoccarda per i figli degli operai della fabbrica di sigarette Waldorf Astoria; proprio per questa esperienza le scuole steineriane sono anche chiamate “scuole Waldorf”.
Il pensiero pedagogico di Steiner si basa su un approccio olistico del bambino che tiene conto dei tre elementi essenziali che l’autore definisce “testa, cuore e mano” e che corrispondono:
– La testa all’elemento razionale;
– il cuore all’elemento emotivo-relazionale;
– la mano all’elemento corporeo e d’autonomia.
Steiner, inoltre, così come fanno altri psicologi e pedagogisti quali Piaget o Claparède, divide lo sviluppo del bambino in fasce, di sette anni in sette anni:
I. Nella prima fase (0-7 anni) il bambino ha capacità imitative e d’emulazione e, secondo Steiner, bisogna offrire “un mondo buono da imitare”. Non a caso, nei giardini d’infanzia l’elemento fondante è l’esperienza della vita quotidiana in comunità, permettendo così al bambino di poter imparare imitando;
II. Nella seconda fase (7-14 anni) il bambino ha la capacità attiva di sperimentare e necessita quindi di “un mondo bello da sperimentare”. Seguendo l’insegnamento del “learning by doing” di Dewey, gli alunni devono apprendere qualcosa facendolo, sperimentandolo. Steiner inoltre pone l’accento sul fatto che queste esperienze, oltre ad essere laboratoriali, devono essere belle e costruttive;
III. Nella terza fase (14-21 anni) viene posta attenzione sull’emotività dell’adolescente. Come molti scienziati affermano, infatti, gli adolescenti vivono stati d’animo che oscillano tra contrasti e contraddizioni, i ragazzi aspirano all’autonomia e alla libertà ma ancora non hanno conquistato la loro sicurezza interiore, hanno sete di sapere, di trovare risposte agli interrogativi sulla vita e sul mondo. Per questo invece offerto “un mondo vero da conoscere”, che dia la possibilità a tutti i ragazzi di conoscere il vero e autentico sé.
Lo studioso riprende inoltre la teoria umorale di Ippocrate. La teoria è nata con l’intento di offrire una spiegazione eziologica all’insorgere delle malattie. Secondo Ippocrate, infatti, l’essere umano era costituito da 4 componenti detti umori (bile nera, bile gialla, flegma, sangue o umore rosso) che avevano un’influenza diretta sul temperamento e sulla salute. Ad ognuno di questi umori era associato un elemento e un temperamento, secondo il seguente schema:
– La bile gialla (o collera), con sede nel fegato, associata all’elemento fuoco e al temperamento collerico;
– La flegma, con sede nella testa, associata all’elemento acqua e al temperamento flemmatico;
– Il sangue, con sede nel cuore, associato all’elemento aria e al temperamento sanguigno;
– La bile nera, con sede nella milza, associata all’elemento terra e al temperamento malinconico.
Secondo Steiner, l’insegnante dovrà comprendere se nel discente esista un eccesso di uno degli umori e, eventualmente, dovrà armonizzarli, restaurando una situazione di equilibrio. Dovrà inoltre evitare che uno di essi possa prendere eccessivamente il sopravvento. L’uso di questa terminologia serve anche ad evitare un approccio direttivo e punitivo nel bambino: non è aggressivo, bensì collerico; non è timido, ma malinconico; non è iperattivo, ma sanguigno; non è pigro, ma flemmatico.
Un ultimo aspetto fondamentale riguarda la modalità di apprendimento: come abbiamo già accennato, la pedagogia steineriana si basa sull’esperienza attiva e sulla sperimentazione anziché sulla memorizzazione e sul nozionismo. Non esistono i programmi ed è vietata la lezione frontale. È un tipo di apprendimento cinestetico-sensoriale: l’alunno incorporerà il sapere, apprendendolo con più efficacia. Parliamo quindi prevalentemente di laboratori, di lavori di ricerca, di cooperazione, di gruppo. Le materie studiate saranno così varie e variegate, come ad esempio: arte, musica, lavoro manuale, teatro, euritmia, lingue straniere. Per la parte pratica, invece, i bambini e le bambine lavorano per imparare, scegliendo il laboratorio che più li aggrada. Impareranno a fare le pulizie domestiche, a lavorare a maglia o all’uncinetto, a lavorare di falegnameria o il ferro. Il tutto deve essere in grado di consentire di far emergere i loro tanti e le loro inclinazioni.
Così come per la didattica, anche le valutazioni sono piuttosto atipiche: a differenza della scuola statale, infatti, nelle scuole Waldorf non esistono voti e gli insegnanti non sono tenuti a dover giudicare un ragazzo, bensì sono più che altro dei facilitatori che cooperano con gli alunni e lo aiutano nel suo percorso di crescita.
In conclusione, possiamo affermare che la pedagogia steineriana, così come molte delle scuole nuove dell’attivismo pedagogico dei primi anni del ‘900, si pone l’obiettivo di offrire un’educazione etica, armonica e rispettosa, a grande contatto della natura, che cerca di rendere l’esperienza gioiosa e felice, attenzionando soprattutto gli aspetti emotivi rispetto a quelli logico-razionali, cercando così di plasmare degli adulti dal senso critico e di libertà e dalla forte sensibilità.

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