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La carne coltivata: una soluzione ecosostenibile e cruelty-free

Facciamo un po’ di chiarezza sulla cosiddetta carne sintetica, che sintetica non è.

Il termine corretto, a meno che non si voglia intenzionalmente darne un’accezione negativa, è CARNE COLTIVATA, ossia prodotta da una manciata di cellule prelevate in modo incruento da un animale e che vengono nutrite in un bioreattore e alimentate con uno speciale “brodo nutritivo”.

Nella bozza di disegno di legge presentata martedì 28 marzo se ne vieta la produzione e si prevedono numerose e pesanti sanzioni per chi produce, vende, distribuisce o somministra alimenti, bevande e mangimi realizzati in laboratorio partendo da cellule animali.

Come riferito dallo stesso Ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, il divieto “nasce dalle istanze di associazioni di categoria, agricoltori, Regioni e Consigli comunali”, quindi per interessi di settore. Mentre nella raccolta di firme che il governo stesso ha promosso “per tutelare la salute pubblica in base al principio di precauzione” dev’essere sfuggito di dire che la carne coltivata non è un prodotto di sintesi ma è realizzata con un procedimento noto e in uso già da tempo, chiamato “coltura cellulare”.

D’altra parte i divieti contenuti all’articolo 2 del ddl non si applicheranno ai prodotti legalmente fabbricati o commercializzati in un altro Stato membro dell’Unione Europea. Il che significa che se l’Efsa, l’autorità Ue per la sicurezza alimentare, dovesse approvarne l’uso negli Stati membri, l’Italia non potrebbe opporsi alla loro distribuzione (fonte: IlSole24ore).

Alla fine l’unico risultato sarà quello di escludere le aziende italiane da un settore strategico e potenzialmente molto redditizio.

Il primo burger di questo tipo risale infatti al 2013 e, non solo a Singapore la carne coltivata è oramai già in vendita e gli Stati Uniti ne hanno appena autorizzato il commercio, ma ci sono anche gli investimenti di Norvegia, Olanda, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Israele e Regno Unito. Nemmeno l’Unione Europea sta a guardare, consapevole del fatto che l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi non è più tollerabile.

Ma quello che ancora di più conta è che, come scrive l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), stiamo parlando di “un prodotto che offre una soluzione a diversi problemi correlati alla produzione della carne: una produzione che non lede il benessere animale, la sostenibilità ambientale e la sicurezza alimentare. Anche se la produzione di carne coltivata richiede l’utilizzo di cellule animali, può rappresentare un’alternativa cruelty free alla produzione di carne che può andare incontro a chi ancora

Lara Scarsella

 

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