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Gaspara Stampa e le donne nella letteratura italiana: storia di autrici (quasi) dimenticate.

A tutte le donne
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore.
Alda Merini

Se vi chiedessi di pensare agli scrittori studiati a scuola, chi vi verrebbe in mente? Il primo probabilmente sarebbe Dante, considerato “Il Sommo poeta; o Petrarca, colui che, grazie a Pietro Bembo, ha fissato i canoni della lingua poetica italiana. Se provaste a fare uno sforzo in più, potreste pensare ad Ariosto o a Tasso, o, andando più avanti, ai tre grandi dell’illuminismo: Goldoni, Parini o Alfieri. Se invece siete amanti della letteratura contemporanea, i primi che vi verranno in mente possono essere: Leopardi, Verga e Pirandello.
Nonostante siano lontani nel tempo e, spesso, nello spazio tutti questi scrittori hanno qualcosa in comune tra loro: sono tutti uomini. Mentre studiavate, spesso annoiati, questi autori, vi siete mai chiesti: “E le donne? Possibile che le donne non scrivessero?”. La maggior parte delle persone, forse non si è mai posta questo problema. Chi invece ha provato, timidamente, a proporlo ai professori o ha semplicemente cercato di darsi una risposta da solo, si sarà sentito dire: “purtroppo il ruolo della donna nella società dell’epoca non permetteva la parità che c’è oggi”. In realtà, dal Medioevo ad oggi, il punto di vista femminile è sempre esistito nel panorama letterario, italiano e europeo, dalla poesia in versi alla prosa, ed è ricco di capolavori e opere più o meno conosciute che hanno saputo plasmare la letteratura italiana in tutte le sue forme. Molti di voi conosceranno sicuramente autrici più contemporanee, come ad esempio Grazia Deledda, Ada Negri, Sibilla Aleramo o Alda Merini, di cui, in apertura, abbiamo citato una poesie dedicata proprio all’universo femminile. E forse ne avranno anche letto i libri. Ma, come già accennato, le donne, in Italia così come in Europa, scrivono già a partire da quell’epoca ricordata solo per bruciare le donne, accusate di stregoneria: poetesse, mecenati e amanti della cultura, le donne della letteratura italiana esistono già dal XV secolo dove si sono fatte largo nel mondo dell’arte.
A questo proposito possiamo citare Gaspara Stampa (Padova, 1523 – Venezia, 23 aprile 1554), che ha scritto liriche seguendo il modello petrarchesco. Gaspara Stampa è considerata la voce più autentica e spontanea della poesia erotica italiana del sedicesimo secolo. Ebbe a Venezia, insieme ai suoi fratelli, una buona educazione letteraria ed artistica. Crescendo, iniziò a diventare famosa per la sua vivacità intellettuale e per l’arte dimostrata nel canto e nella poesia, oltre che per la sua straordinaria bellezza. Ciò le permise di frequentare ambienti mondani dove condusse una vita libera e spregiudicata. Fu quindi un vero e proprio modello di emancipazione femminile.
Pare inoltre che Gaspara fosse anche socia dell’Accademia dei Dubbiosi col nome di Anassilla, un nome pastorale che aveva tradotto dal termine latino del Piave (Anaxum), il fiume che bagnava il feudo di Collaltino, l’uomo amato perdutamente, e che prendesse parte anche alle feste pubbliche allestite dai soci della “Compagnia della Calza”. Va ricordato come nelle Accademie luoghi in cui gli intellettuali e i letterati si riunivano per confrontarsi e recitare tutti insieme i loro componimenti, le donne hanno sempre avuto spazio. Un esempio in tal senso risiede nella famosa Accademia dell’Arcadia, tutt’oggi ancora esistente che ha la sua sede (Il Bosco Parrasio) proprio a Roma, alle pendici del Gianicolo.
Frequentando tali ambienti e conducendo un tipo di vita libero ha portato molti studiosi ad avanzare l’ipotesi che la Stampa praticasse un professionismo d’amore, quello che oggi chiameremmo “Sex Work”. Per alcuni, addirittura, pare che fosse iscritta in un vero e proprio catalogo pubblico con annesso tariffario. Erano donne che appartenevano alla categoria delle cortigiane, donne colte ed eleganti e di alto rango, “oneste”, come si usava dire all’epoca e che vivevano in un ambiente raffinato, composto di nobili e artisti. Va però specificato come nessun documento è ancora riuscito a dimostrare questo fatto che rimane solamente un’ipotesi.
La sua opera più famosa è una raccolta di poesie intitolata Le Rime, una sorta di diario dei suoi sentimenti in cui mise a nudo le sue ansie e le sue irrequietezze. La struttura di quest’opera è di chiara impronta petrarchesca: la raccolta si apre con un sonetto proemiale, Voi, ch’ascoltate in queste meste rime, e si chiude con una poesia di pentimento. Gaspara Stampa vive in quel periodo storico definito dai critici “manierismo”, caratterizzato dall’imitazione di uno stile (la maniera, appunto) di artisti umanisti e rinascimentali. Per questo, il canzoniere della Stampa ricorda moltissimo quello di Petrarca, tanto da sembrarne una vera e propria imitazione. Ciò che però rende quest’opera interessante è la grande passionalità e il grande sentimento che ne traspaiono, da una parte, e i temi affrontati dall’altra, nonostante, dal punto di vista linguistico e formale, non possiamo definirla niente di eccezionale.
Di particolare interesse sono infatti proprio quei componimenti nei quali rivendica la propria autonomia di scrittrice e il diritto ad avere una propria libertà d’espressione.
Le Rime, purtroppo, dopo la prima pubblicazione, caddero nell’oblio per quasi due secoli e vennero riscoperte solo verso la metà del Settecento per iniziativa del conte Antonio Rambaldo di Collalto, discendente di Collaltino, l’uomo tanto amato dalla poetessa, che curerà una nuova edizione dell’opera con l’aggiunta di undici sonetti proprio dal conte. Vale inoltre ricordare come Gabriele d’Annunzio attraverso Stelio Effrena, suo alter-ego protagonista del romanzo Il Fuoco, celebra la Stampa citando queste sue parole: “Io so di lei un verso magnifico: Vivere ardendo e non sentire il male.”
Oltre a Gaspara Stampa possiamo anche ricordare altre autrici dello stesso periodo:
Veronica Gambara (Pralboino, 1485 – Correggio, 1550), poetessa rinascimentale, i cui versi sono stati apprezzati anche da Giacomo Leopardi;
Vittoria Colonna (Marino, 1490 o 1492 – Roma, 1547), marchesa di Pescara e grande amica di Michelangelo Buonarroti che compose versi d’amore per suo marito e opere in prosa di carattere religioso;
Maria Maddalena Morelli (Pistoia, 1727 – Firenze, 1800), scrittrice che partecipò all’Accademia romana dell’Arcadia e guadagnò presto una grande popolarità, fino ad ottenere un riconoscimento nazionale per le sue poesie.
Ma come è possibile che così tante donne siano state dimenticate dalle antologie studiate nei licei e, talvolta, anche in quelle universitarie? La tradizione non va intesa come un sapere tramandato dal passato al presente, ma piuttosto come qualcosa che viene recuperato a partire dal presente guardando al passato. Ciò che abbiamo voluto ricostruire è una storia composta solo ed esclusivamente da grandi uomini. Fortunatamente, i tempi sono cambiati: grazie alle prospettive dei nuovi studi di genere, ora si inizia a parlare dell’universo femminile a 360° e a vedere, le prime donne, nelle antologie.

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